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Ciclostorie: in bici da Orte a Tarquinia, 17 e 18 gennaio 2015

bicoca-gennaio2015
Il gruppo in partenza dalla stazione Tiburtina a Roma

di Paolo Andruccioli

Le previsioni Meteo (e di Giacomo) lo avevano detto: pioggia nel week end. L’ottimismo dei cicloturisti è però inossidabile, come certi acciai e, nonostante quel numero 17 che incombeva sulla giornata, siamo saliti sul treno in sei (Gianpiero, Simone, Giacomo, Luca, Lavinia e Paolo) alla stazione Tiburtina: con le nostre bici. Direzione Firenze.

Arrivati a Orte abbiamo smontato tutto e siamo scesi. Il tempo di allacciare i caschi, sistemare le borse dei bagagli e dare le prime pedalate che già pioveva. Non una pioggia forte, piuttosto una pioggerellina che ci ha accompagnato per un bel tratto, anche se usciti da Orte e imboccato il salitone che porta verso le Terme, le gocce sui nostri abiti tecnici si erano ormai confuse con il sudore. Come succede sempre nella vita, anche nella nostra cicloscampagnata da Orte a Tarquinia (passando per Soriano nel Cimino e Viterbo), abbiamo potuto verificare la distanza tra la teoria e la pratica, tra le mappe e il percorso reale perché quello che nell’altimetrico sembrava un muro insormontabile – la salitona di Orte – si è tradotto poi in una prova di fiato e resistenza, dura, ma fattibile. Le sorprese sarebbero venute dopo.

Di fronte al bivio tra la superstrada per Viterbo e la provinciale per Bassano in Teverina, per evitare automobili sfreccianti (spesso oltre i limiti di velocità indicati, 90/h) e Tir, abbiamo imboccato la provinciale e dopo qualche chilometro di salite e brevi discese, più vicine al falso piano che alla discesa vera e propria, siamo arrivati sulla strada che porta a Soriano, il paesone della Tuscia che si accomoda intorno ai 400 metri di altezza sul monte Cimino. Sulla strada, da lontano vedevamo il castello Orsini, la costruzione in pietra medievale che ora pare sia in vendita, dato che il Comune di Soriano e i Beni artistici e culturali non ce la fanno più a sostenerne le spese. In sella alle nostre sei bici (cinque Cinelli e una Trek) il gruppetto si era trasformato nel frattempo – nella fantasia – in una squadra di cavalieri pronti a espugnare la fortezza. Ma anche in questo caso l’immaginazione si è presto trasformata in realtà e il gruppo, dopo aver superato nuove salite che ci hanno messo alla prova e non poco, ha espugnato una pizzeria gestita da una pizzaiola che pare abbia vinto, con le sue invenzioni, vari premi regionali.

Consumato il frugale pasto, siamo dunque ripartiti verso il vero obiettivo della giornata: l’agriturismo La Bicoca, gestito da una simpatica famiglia di cui Gianpiero e Simone sono amici da anni. Abbiamo perciò lasciato alle nostre spalle Soriano con il suo castello, le sue salite e i suoi forni, e passando per varie località caratteristiche (abbiamo superato anche un passaggio a livello incustodito) e infine anche per Viterbo, siamo arrivati nel pomeriggio alla Bicoca. Il cielo era ancora molto grigio, le nuvole scorrevano veloci sul panorama della Tuscia con tutte le sue sfumature di marrone, grigio, rosso e gli azzurri tipici dell’inverno.

Si stava bene dunque nel grande casale della Bicoca, con il the, le crostate fatte in casa, il camino acceso, i profumi della cucina che a cena si sono materializzati in un menù da ristorante a tante stelle; tanto per far venire l’acquolina a qualche lettore, ricordo solo una lasagna alle verdure con crema di funghi e formaggio accompagnata ad un Montepulciano speciale che non ci ha permesso di resistere ad un bis e che naturalmente avremmo pagato caro il giorno dopo, sulle gambe, durante la seconda “tappa”.

La mattina di domenica ci siamo svegliati con la voglia di ripartire, ma contemporaneamente con la tentazione di riaccomodarci sul divano davanti al camino. Da bravi cicloturisti abbiamo scelto la prima opzione e dopo un intervento meccanico di Simone e Giampiero e dopo aver verificato la pressione delle gomme, siamo risaliti sulle bici in direzione Tarquinia. L’obiettivo del giorno, il punto di approdo della traversata della Tuscia era il mare. Abbiamo salutato tutti e lasciato La Bicoca che si è rivelata un “campo base” ideale.

Il percorso della seconda tappa avrebbe dovuto essere molto più facile del primo giorno. In realtà anche in questo secondo step le salite non sono mancate, soprattutto fino a Monteromano. Poi però è come se una mano invisibile avesse cambiato la scena. Ci siamo infatti imbattuti in una serie di discese dove i nostri computerini di bordo (anzi di manubrio) hanno cominciato a registrare cifre di tutto rispetto. Tutta strada asfaltata e poco trafficata, qualche auto ogni tanto, qualche trattore e jeep coperte di fango e terra. Poi su una discesa sterrata, con quell’insidioso brecciolino bianco che ti fa sentire instabile a ogni curva, Lavinia è scivolata procurandosi una piccola ferita al ginocchio e alla mano. Ovviamente tutto il gruppo l’ha soccorsa e coccolata, mentre Simone raddrizzava con velocità da meccanico da hangar di formula Uno il manubrio della Trek.

Su quella discesa da fuori strada le bici hanno comunque dato il massimo in termini di stabilità, a partire ovviamente dalla più cicloturistica, la Hobo di Giacomo. Ma le cose succedono sempre quando non te le aspetti e soprattutto quando stai relativamente vicino al traguardo. Così, dopo essere ripartiti con calma per scavalcare le ultime colline prima del mare, anche a Luca è capitato un piccolo incidente di percorso, ovvero la classica foratura. Tutti fermi, ma solo il tempo di sostituire la camera d’aria della ruota anteriore della Gazzetta della strada. Poi, via di nuovo verso il lido di Tarquinia che abbiamo raggiunto prima che il sole oltrepassase la linea dell’orizzonte sul mare.

Sul lungomare la gente passeggiava tranquilla in una luce tra l’argento e l’arancio. A noi non rimaneva altro da fare che cercare una pasticceria per chiudere in bellezza e risalire sul treno per Roma. Rilassati e un po’ stanchi per la fatica che si stava depositando sulle gambe alla fine della due giorni, siamo andati alla stazione: quando è arrivato il treno l’ultimo piccolo colpo di scena. Vediamo sul primo vagone il simbolo delle bici e ci precipitiamo verso la porta. Ma con nostro disappunto essendo già saliti per evitare di perdere il treno, abbiamo scoperto che il vagone per le bici era in realtà l’ultimo, non quello su cui eravamo saliti. Altra prova della distanza tra quello che si vede e si immagina e la realtà. Solo l’elasticità mentale di un benevolo capotreno ci ha evitato di rismontare tutto per passare in corsa all’ultimo vagone: un errore che non rifaremo, anche se l’augurio è che quel bel simbolo della bicicletta compaia su tutti i treni.
E magari non più su un solo vagone!

KM TOTALI PERCORSI:
circa 124 (55+69)
• giorno 1 ORA DI PARTENZA, da Orte ore 10,15 circa, ORA DI ARRIVO: Bicoca ore 15 circa giorno 2 ORA DI PARTENZA, da Bicoca ore 10,30 circa , ORA DI ARRIVO: Tarquinia Lido ore 17 circa

BICI UTILIZZATE:
• Lavinia ha utilizzato una trek alluminio con carbon fork, disco meccanico e gruppo shimano
claris 3*8
Luca ha utlizzato una Cinelli Gazzetta della strada in acciaio Columbus Cro-Mo, gruppo Shimano 2300 2*8v
Giacomo ha utilizzato una Cinelli Hobootleg con telaio in acciaio Columbus Cro-Mo e forcella in carbonio Columbus Tusk trk gruppo misto Deore-105 2*10v
Paolo e Simone hanno utilizzato delle Cinelli bootleg HoyHoy rats 2013 in alluminio e forcella in carbonio Columbus Tusk trk, gruppo shimano 2300 2*8v
Gianpiero ha utlizzato una Cinelli bootleg Racing rats con telaio in alluminio e forcella in acciaio, gruppo shimano 2300 3*8v

TIPO DI STRADE:
prevalentemente asfalto non sempre in buone condizioni (screpolato, bucato, etc), nel secondo giorno anche 5-6 km di sterrato/brecciolino insidioso in discesa (!)
Un grazie all’ agriturismo Bicoca che si trova nella campagna viterbese in via Sterpaio (SP15)

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